Le catacombe di Siracusa sono da sempre un luogo di fascinazione, in primo luogo perché alcune di esse sono state realizzate riutilizzando il tracciato dell’acquedotto della città greca. Con l’arrivo dei cristiani le cisterne prendono così la forma di rotonde sacre, destinate a ospitare i sepolcri marmorei più prestigiosi, oggi musealizzati al Museo Archeologico Paolo Orsi.
È anche sorprendente l’estensione degli ambienti: solamente Roma può vantare catacombe più estese di quelle di Siracusa. Un accesso storico al settore meglio conservato si trova sotto la chiesa di San Giovanni Evangelista, distrutta dal terremoto del 1693, ma sia l’impianto architettonico a tre navate che i resti – rosone, e arcate del portico – sono notevoli e risalgono al Trecento. Nel primo ambiente, la cripta di San Marciano, si intravede un luogo di culto del VI secolo, quando il sepolcro del primo vescovo siracusano venne traslato qui e le pareti iniziarono ad affollarsi di affreschi.
Entrando nelle catacombe, si avrà la sensazione di essere penetrati in una gigantesca città sotterranea, fitta di cunicoli, gallerie e loculi: se ne contano a migliaia. Le sepolture che si incontrano più di frequente sono semplici arcosoli, senza nessuna decorazione; di tanto in tanto compare qualche breve tratto di affresco, per segnalare l’importanza di una famiglia.