“Quanto ai prigionieri che erano nelle latomie, nei primi tempi i Siracusani li trattarono duramente. Erano molti in uno spazio incavato e freddo […] ed essi facevano tutto nello stesso posto, per la ristrettezza dello spazio, e per giunta erano accumulati insieme, uno sull’altro, i cadaveri di quelli che morivano per le ferite, per il cambiamento di temperatura e per altre cause di questo genere, e c’erano odori insopportabili” (Tucidide, VII, 87)
È difficile immaginare che un luogo così denso di fascino oggi come le latomie dei Cappuccini servissero a un trattamento così brutale, quale fu quello che i Siracusani inflissero ai loro prigionieri, durante la guerra del Peloponneso. Eppure proprio monumenti di questo genere lasciano intravedere la grandezza, anche politica, della Siracusa antica.
I frati cappuccini nel Cinquecento utilizzarono l’area dal 1582 e trasformarono la latomia in un lussureggiante giardino, che è diventato pubblico dopo le soppressioni del 1866. Si entra e si è subito immersi in una vegetazione che a volte supera per effetto le forme straordinarie che ha preso la pietra, scavata dall’uomo e dai secoli di erosione. Stando alle pagine di Dominique Vivant Denon, i frati erano talmente concentrati a occuparsi dei loro limoni che raramente alzavano gli occhi, o sentivano il profumo della zagara. Come se l’incanto fosse tale da lasciar loro credere che il mondo lì fuori non esistesse.
Ci si può anche imbattere in un busto di Archimede, realizzato nel 1886 dallo scultore Luciano Campisi, o in una piramide in memoria di Giuseppe Mazzini, commissionata dalla Società Operaia, sempre intitolata all’inventore siracusano.